A cura di Patrizia Stefani (*)

Gli studi che riguardano l’organizzazione e la psicologia del lavoro hanno da tempo posto l’accento sull’importanza delle risorse umane, passando da un approccio bio-medico, che valutava l’influenza del contesto di lavoro sulla salute dei lavoratori, ad un approccio psico-sociale. Tale criterio tende a considerare la rilevanza di un rapporto armonioso fra il lavoratore ed il suo contesto operativo, considerando non solo le variabili fisiche, ma anche quelle psicologiche, sociali e di interazione tra le persone e con la tecnologia.

L’Accordo Europeo sullo stress nei luoghi di lavoro del 2004, ha messo in evidenza che lo stress è al secondo posto tra i problemi di salute connessi al lavoro, dopo i disturbi muscolo scheletrici. Il nuovo decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 (Testo Unico sulla Sicurezza che sostituisce, ampliandolo, il D. Lgs. 626/94) ribadisce l’obbligo del datore di lavoro di valutare i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori ed inserisce tra questi anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato.

 

Cosa è lo “stress”

Lo stress, anche se non lo si può definire malattia, è una condizione che può causare disturbi di natura fisica, psicologica o sociale e quindi ridurre l’efficienza sul lavoro. E’ la conseguenza della discordanza, che taluni individui percepiscono, tra le richieste ed aspettative poste su di loro e le loro reali prestazioni. Questo vale sia in positivo che in negativo, cioè sia quando le richieste sono superiori alle possibilità, sia quando sono inferiori alle capacità. Le cause di stress possono essere molteplici, tra le più ricorrenti: sovraccarico di lavoro, mancanza di lavoro, carenza di competenze e/o risorse, clima conflittuale, scarsa comunicazione / informazione.

 

Il “benessere organizzativo”

Con questo termine si intende la capacità dell’organizzazione di porre attenzione alle necessità e alle aspettative dei dipendenti, di ascoltarne le esigenze e le proposte, di svilupparne le competenze. Si pensi a quello che significa per ognuno di noi il piacere di essere presi in considerazione, o il dispiacere di non esserlo, in famiglia, con gli amici e tanto più nel luogo lavoro, situazione in cui si trascorre spesso la maggior parte della nostra giornata. I sistemi di qualità avevano già preso in considerazione questi temi, ma avevano escluso gli aspetti legati alla dimensione emozionale, cioè al modo in cui le persone vivono e rappresentano l'organizzazione. Uno degli aspetti più rappresentativi è ad esempio, l’orgoglio di appartenenza.

 

I vantaggi per l’azienda nel porre attenzione alla componente umana delle organizzazioni

Dobbiamo innanzitutto acquisire la consapevolezza che, a prescindere dal livello o dal ruolo, il lavoro non è più considerato come un mero strumento per acquisire risorse materiali, ma è altresì una componente essenziale della vita dell’individuo, che gli consente di realizzarsi e di esprimere le sue potenzialità.

Le persone che stanno bene nel luogo di lavoro, che sono coscienti di avere un proprio ruolo (grande o piccolo che sia) in azienda, che si sentono partecipi e sono motivate a far sì che le cose vadano bene, non possono che portare vantaggi a tutta l’organizzazione. Soprattutto oggi, con il pensiero costante ed incombente della crisi, in un’economia che comunque offre tecnologie e prodotti qualitativamente avanzati, la “persona” è sicuramente l’unica risorsa che può dare all’azienda un vantaggio competitivo.

Malgrado il sussistere di queste opportunità, c’è stato bisogno di una legge perché occuparsi del benessere significa aggiungere un altro elemento da controllare alle numerose variabili della organizzazione ed è palese lo sforzo che “bisogna” fare, ma non altrettanto i benefici che si “potrebbero” ottenere.

In realtà, se si vuole considerare l’obbligo legislativo fine a sé stesso, esso può facilmente essere ottemperato con una semplice dichiarazione di non sussistenza di situazioni di stress lavoro correlato rilasciata dal medico competente. Una visione imprenditoriale più illuminata lo vedrà come punto di partenza per prendere realmente ed attentamente in considerazione le persone che lavorano con noi, il loro benessere e le potenziali grandi risorse che possono rappresentare per la nostra azienda.

 

Quali aziende hanno bisogno di apportare miglioramenti al loro interno

Tutte le aziende dovrebbero avviare un processo di analisi di clima, che costituisce un valido punto di avvio per qualsiasi progetto di sviluppo organizzativo.

E’ bene sottolineare che l’analisi del clima non fa emergere solo problemi e conflittualità, ma molte aziende scopriranno che, per capacità personali ed organizzative del management, unite alle caratteristiche dei lavoratori, non esistono situazioni di stress anzi, al contrario, vi è collaborazione, sostegno e considerazione della persona. In questo caso l’analisi del clima diviene utile affinché tutti acquisiscano la consapevolezza di vivere una situazione di eccellenza e dell’impegno necessario per mantenerla.

Siamo tutti propensi a mettere in evidenza gli aspetti negativi in ogni circostanza. Vi porto questa mia esperienza: in una azienda presso cui ho prestato i miei servizi, i lavoratori, riflettendo sulle caratteristiche della propria organizzazione, si sono ritrovati a considerarla migliore di quanto pensassero in precedenza.

Risorse

Occuparsi del benessere in azienda in termini operativi

Il primo approccio per l’analisi qualitativa del clima aziendale avviene attraverso la somministrazione di questionari a tutti i dipendenti, oppure, nel caso di aziende di grandi dimensioni, ad un campione significativo, rappresentativo di tutte le funzioni aziendali.

I consulenti, raccolti ed interpretati i dati, potranno seguire due strade e la scelta dovrà essere condivisa con la direzione aziendale. Una strada è quella che vede i consulenti come principali proponenti, che suggeriscono al management le azioni da attuare e di cui rendere partecipi tutti i dipendenti. L’altra possibilità è sicuramente più coinvolgente e prevede l’organizzazione di Focus Group a cui partecipano rappresentanze di tutte (o solo di specifiche) aree aziendali. Saranno i partecipanti stessi a proporre le azioni da adottare.

Infine non bisogna dimenticare di programmare, in un momento successivo, le attività di verifica dei risultati raggiunti, senza le quali il processo avviato rischia di essere totalmente vanificato.

 

Le adempienze e le scadenze previste dalla legge

La valutazione dei rischi relativi allo stress lavoro correlato e la conseguente formulazione del DVR - Documento Valutazione Rischi - dovrebbero essere realizzati entro maggio 2009, salvo proproghe dell’ultima ora. Dopo quella data le AUSL possono effettuare i relativi controlli.

Le aziende devono prima di tutto consultare il loro medico competente ed eventualmente anche il loro RSPP (Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione). E’ in primis il medico che deve intervenire ed effettuare l’indagine sullo presenza o meno di situazioni di stress. Può quindi rilasciare, se verifica che ne sia il caso, un certificato attestante la non sussistenza di tali rischi in azienda. Poiché l’aggiornamento sugli aspetti legali e normativi non avviene sempre in tempo reale, può succedere che il medico non abbia ancora dimestichezza con gli strumenti per effettuare l’indagine. Le aziende possono allora decidere di avvalersi di consulenti esterni esperti di ricerca psico-sociale. Alcuni degli strumenti e prassi utilizzati per l'analisi del clima possono essere utilizzati anche per l’indagine sulla presenza di situazioni di stress.

 

Guardando con lungimiranza, oltre gli aspetti normativi, deve rimanere in evidenza il concetto principale. Il fatto che ci sia una legge che tutela la salute nei luoghi di lavoro fa sentire questa incombenza come un obbligo, magari mal sopportato. E’ fondamentale che gli imprenditori e i manager capiscano l’importanza del valore del benessere dei lavoratori, non solo per i benefici che possono arrecare alla produttività in azienda, ma anche per tutti gli effetti virtuosi che ne derivano: dedizione, orgoglio e senso di appartenenza, partecipazione proattiva, stimoli creativi, voglia di contribuire al successo, atteggiamento sostanzialmente positivo. Crediamo che l’azienda di Bill Gates possa rappresentare una bella testimonianza di tutto ciò.

 

Patrizia Stefani(*) Patrizia Stefani: consulente aziendale sui temi legati all’ambiente di lavoro dal 1998, esperta di comunicazione ed organizzazione aziendale (lauree in Filosofia e Pedagogia, Master in Organizzazione del Lavoro e Formazione del Personale alla Bocconi, Master in Gestione delle Risorse Umane alla Facoltà di Scienze della Formazione alla Università di Bologna).

 

 

 

 © Copyright 2009 Giorgio Favaretto e Patrizia Stefani (Foto dell'articolo: FreeDigitalPhotos.net)