Correva l'anno 2009

 

Incontrandolo a Bologna, in occasione della sua partecipazione come relatore ad un importante convegno sull'Innovazione, il Dr. Enrico Sassoon, AD e Direttore Responsabile della prestigiosa rivista Harvard Business Review - edizione Italiana, approfittando della sua cortesia e disponibilità, gli abbiamo rivolto alcune domande sui temi più attuali in questo periodo.

 

GF: Il tema di maggiore attualità su cui sicuramente siamo e saremo, per molti mesi, coinvolti tutti, è quello della attuale crisi economica mondiale. Lei, che dalla sua posizione ha sicuramente una visuale ampia del fenomeno, può dirci quale evoluzione pensa che ci potremo aspettare nei prossimi due anni ?

 

ES: La crisi attuale è certo una delle più gravi che il mondo moderno abbia mai affrontato. Basti dire che la Borsa è ormai caduta più che nel 1929 e che l’economia mondiale nel 2009 sarà in recessione, con un calo del Pil di almeno lo 0,5%, e questo nel secondo dopoguerra non era mai accaduto. I mercati e i consumatori sono in piena crisi di fiducia e il calo dei consumi determina la paralisi della produzione e degli investimenti, nonostante il costo del denaro sia vicino allo zero in termini reali.

Cosa aspettarsi? Gli stimoli all’economia, sia con la leva fiscale che con quella monetaria, per ora non stanno rinvigorendo la congiuntura, ma questo potrebbe verificarsi a partire dall’ultimo trimestre dell’anno, dove è possibile una leggera ripresa dei consumi e della produzione. Ma per una ripresa più significativa occorre che si verifichi un deciso cambiamento della percezione dei consumatori, oggi al minimo storico a causa delle consistenti perdite registrate un po’ ovunque sia in termini di risparmio, sia di reddito, sia di livelli occupazionali. E la fiducia delle persone non è una variabile facilmente prevedibile. Per concludere, direi che la previsione più ragionevole indica una lieve ripresa economica nei principali paesi nel 2010, e un ulteriore irrobustimento nel 2011.

 

GF: Ed in Italia in particolare?freedigitalphotos.net

 

ES: La situazione italiana è da una parte migliore e dall’altra peggiore rispetto a molti Paesi europei ed extraeuropei. È migliore perché è vero quanto si è detto, e cioè che il sistema finanziario italiano è stato meno esporto agli shock generati dalla crisi dei subprime in America, perché da noi l’uso di strumenti finanziari derivati e la sottoscrizione di “titoli tossici” è stata inferiore che altrove. Dunque da questo punto di vista le banche corrono meno pericoli di quelle americane, tedesche e inglesi. Dall’altra parte, però, l’Italia era già in una sua crisi di lungo periodo, per l’inconsistenza dei piani di sviluppo delle infrastrutture, per la oggettiva crisi di produttività delle aziende, per la scarsa capacità di innovazione tecnologica e per la complessiva burocratizzazione del sistema pubblico. Probabilmente avremo meno problemi a superare la crisi finanziaria, ma faremo più fatica a recuperare in seguito, per la scarsa concorrenzialità di molte imprese, tranne le eccellenti e dovute eccezioni.

 

GF: Quale atteggiamento dovrebbero tenere le imprese per superare questo periodo ? Quali sono i comportamenti "virtuosi" che bisogna adottare se si vuole uscire salvi e pronti a scattare quando ci sarà la ripresa (che diamo per scontato ci sarà) ?

 

ES: Oggi la maggior parte delle imprese non può fare molto più che operare in modo intelligente azioni di cost reduction, andando a incidere sulle sacche di inefficienza ma stando attente a non danneggiare la capacità di produzione e di marketing che sta alla base di una successiva azione di sviluppo. È però essenziale non ritenere che basti tagliare i costi per venirne fuori: occorre comunque sviluppare capacità di rafforzamento del business, pensare in modo innovativo a prodotti e processi, cercare di trattenere i migliori talenti e, se mancano, trovarli sul mercato in Italia e all’estero. Anche nella crisi, poi, ci sono opportunità da sfruttare, che variano da settore a settore, possibili acquisizioni per chi mantiene una elevata liquidità, o alleanze strategiche con aziende con caratteristiche complementari e sinergiche. C’è molto da fare e la prima regola è mantenere l’ottimismo, senza perdersi d’animo di fronte alle oggettive difficoltà.

 

GF: E i piccoli risparmiatori (spesso citati come la base sana della finanza Italiana) come si ritroveranno dopo uno tsunami di due anni ?

 

ES: Dipende, naturalmente. Il reddito fisso oggi offre rendimenti limitati ma consente almeno di salvaguardare il capitale. Chi ha accumulato perdite sul mercato azionario dovrà aspettare finché il mercato non riprenderà, e questo potrebbe verificarsi già dall’autunno (qualcuno dice anche prima). Nell’insieme, è indispensabile non farsi prendere dal panico ed evitare di agire impulsivamente, aspettando che si tornino a creare delle opportunità di investimento più redditizie. La maggior parte di noi si troverà un po’ più povera dopo due anni di scarsi rendimenti o di vere e proprie perdite, ma occorre pensare che, con ogni probabilità, i mercati si riprenderanno abbastanza rapidamente quando la crisi sarà conclusa, e potremo recuperare il terreno perduto.

 

GF: Si tende a dire che niente sarà più come prima (dopo la crisi). Ma quali reali cambiamenti ci potremo aspettare nella sostanza?

ES: In termini macroeconomici, oggi la priorità è una drastica revisione dei meccanismi e delle istituzioni della finanza. La crisi è partita dal fatto che per almeno due decenni questa parte dell’economia è stata lasciata troppo libera di operare in modo non trasparente e, qualche volta, addirittura illecita, o criminale. Ora occorre ridefinire compiti e responsabilità. Un altro cambiamento da auspicare riguarda la specifica figura dei manager, la cui ottica troppo spesso è stata centrata sul breve periodo e sulla massimizzazione degli interessi degli azionisti. Anche in questo campo, e trascurando le discussioni un po’ sterili sulla paga dei manager, occorre sviluppare una riflessione. Infine, è sperabile che la stessa ottica dei consumatori si orienti verso un tipo di consumo più consapevole e più legato alla realtà economica personale e collettiva. Abbiamo dato per scontato per molto tempo che il futuro ci avrebbe riservato solo redditi crescenti, sia da lavoro che da investimento. Oggi ci rendiamo conto che era una prospettiva sbagliata e ora dobbiamo accettare di cambiarla.

 

GF: Ottimismo / pessimismo. La politica si divide sull'atteggiamento con cui affrontare questa situazione. Troppo pessimismo non fa sicuramente bene, ma è difficile anche essere ottimisti quando si perde (o si teme di perdere) il lavoro, si fanno molti giorni al mese in cassa integrazione, le aziende cadono come ciliegie. Quale può essere un giusto e sano atteggiamento realista ?

 

ES: Come dicevo prima, la crisi è gravissima e occorre un sano realismo per accettarla. Ma non si deve cadere dal realismo a un nero pessimismo che impedisca di vedere che, prima o poi, anche questa crisi epocale finirà. Certo, non è facile se si è perso il lavoro, se si hanno cinquant’anni e difficoltà a trovare una nuova direzione di vita, se si è pensionati con reddito minimo, se si sono persi molti risparmi nella crisi. Ma la società si sta comunque dando da fare con gli ammortizzatori sociali, ma anche con l’attività di centinaia di organizzazioni no profit, per soccorrere chi è più colpito. Occorre pretendere dalla pessima politica che caratterizza il nostro paese una maggiore serietà e consapevolezza delle esigenze dei cittadini. Naturalmente, questo è un discorso complesso che non si può sviluppare in poche parole, ma credo che la irresponsabilità della cattiva politica in Italia abbia determinato una situazione che va capovolta non con gli slogan, ma con molto lavoro serio che oggi non ci è dato di vedere.

Enrico Sassoon

 

Enrico Sassoon è Direttore responsabile della rivista mensile di management Harvard Business Review Italia. Dal gennaio 2006 è amministratore delegato della StrategiQs Edizioni. Dal 1996 è presidente della società di studi, ricerche e comunicazione Global Trends. Dal maggio 1998 al marzo 2006 è stato amministratore delegato della American Chamber of Commerce in Italy. Dal 1999 al 2005 è stato presidente della Procos, società pioniera nel campo dei sistemi informatici gestionali. Dal 1977 al 2003 ha lavorato nel gruppo Il Sole 24 Ore, per il quale ha diretto varie testate, tra cui Mondo Economico, L’Impresa-Rivista italiana di management, ImpresaAmbiente (di cui è stato il fondatore) e Il Sole 24 Ore On-Line. Dal 2006 al 2008 è stato Direttore responsabile della rivista on-line AffarInternazionali. Ha pubblicato oltre 2,000 articoli su numerose testate, oltre 50 saggi su riviste accademiche e dieci libri, l’ultimo dei quali è Alleanze alla prova. Europa e Stati Uniti tra cooperazione e conflitto (2006).

 

La cultura di management firmata Harvard

HBR-marzo 2009

È arrivata al terzo anno di vita l’edizione italiana della «Harvard Business Review», la prima e più importante rivista di management e business al mondo. È stata, infatti, riportata in Italia per iniziativa della StrategiQs Edizioni, che ha iniziato le pubblicazioni nel giugno del 2006, dopo due precedenti edizioni italiane durate, con alterni successi, solo per alcuni anni.

La «Harvard Business Review» ha recentemente compiuto i 90 anni di vita, e questo ne fa la più risalente pubblicazione di questo genere al mondo. Ma è anche un caso editoriale di portata planetaria: nelle sue dodici diverse edizioni, la rivista ha una diffusione effettiva di oltre 500mila copie mensili, di cui la metà circa negli Stati Uniti (dove è considerata la Bibbia del manager) e il resto in Italia, Germania, Russia, Polonia, Ungheria, Cina, Taiwan, Giappone, Corea, Brasile, Israele e India.

Quando si dice Harvard si nomina, come è noto, una delle più prestigiose università del mondo, con una quasi insuperabile concentrazione di cervelli, di innovatori del pensiero, di educatori nelle discipline più avanzate, spesso di Premi Nobel. La Harvard Business School si posiziona, nell’universo Harvard, come punta di eccellenza nel campo dell’educazione economica e manageriale: non a caso, quasi sempre al primo posto nelle le classifiche mondiali.

È in questo ambiente che trova, a sua volta, alimento intellettuale la «Harvard Business Review», una rivista che parla al management delle imprese con l’autorevolezza e la credibilità che le derivano dalla sua collocazione nell’ambito della più prestigiosa scuola di business del mondo, da una selezione attentissima di autori e contributi editoriali e da una quasi ossessiva ricerca della qualità.

La «Harvard Business Review Italia» è stata a sua volta creata attorno all’obiettivo di proporre nel nostro Paese un sistema di management education di alta qualità, di cui nel contesto italiano c’è non solo l’esigenza, ma anche una forte domanda. Imprese, università, business school e società professionali esprimono costantemente, e crescentemente, questa richiesta di prodotti editoriali di alto profilo e forti contenuti.

La «Harvard Business Review» nell’edizione italiana (mensile, dieci numeri l’anno) vuole rispondere a questa domanda, traendo dalla grande esperienza della rivista americana quanto di meglio essa può offrire a un lettore professionale ed esigente, che opera nella specifica realtà italiana ed europea, ma nel più ampio contesto globale. La caratteristica specifica dell’edizione italiana è di arricchire gli articoli dell’edizione originale con contributi di autori italiani di grande esperienza e livello.

Se, infatti, gli autori degli articoli portano nomi come Michael Porter, Rosabeth Moss Kanter, Robert Kaplan, Clay Christensen, Joseph Kotter, Linda Hill o Joseph Bower (oltre a decine di altri), sulla rivista italiana hanno finora collaborato moltissimi imprenditori, manager, accademici e consulenti di primo piano. Tra coloro che hanno proposto approfonditi commenti agli articoli della rivista troviamo, infatti, gli altri: Alessandro Benetton, Umberto Bertelè, Fulvio Conti, Pietro Guindani, Andrea Illy, Federico Falck, Vincenzo Novari, Umberto Paolucci, Angelos Papadimitriou, Carlo Pesenti, Cesare Romiti, Paolo Scaroni, Alessandro Profumo e Stefano Venturi.

 

© Copyright 2009 Giorgio Favaretto